Cos’è la Sindrome da intestino irritabile?
La sindrome dell’intestino irritabile, un tempo definita “colite” o “colite spastica”, è una condizione frequente e comune (interessa circa 1 persona su 10) che in molti casi può avere un forte impatto negativo sulla qualità della vita. Il disturbo è caratterizzato da un fastidio o da un dolore addominale associato a: gonfiore, scariche diarroiche (variante diarroica), stipsi (variante stitica) o a fasi alterne diarrea/stipsi (variante mista). A questi disturbi si possono associare debolezza, affaticamento e irritabilità.
Le cause principali sono lo stress psicologico e fisico; in alcuni casi sono state dimostrate anche delle predisposizioni genetiche. Recenti studi, infatti, hanno mostrato come i fattori psicologici e la somatizzazione siano fortemente associati alla sindrome dell’intestino irritabile.
Chi soffre di Sindrome dell’Intestino Irritabile talvolta presenta anche sintomi di emicrania, ansia, depressione, fibromialgia, fatica cronica, cistite e problemi nella sfera sessuale.
Molto spesso, inoltre, la situazione è aggravata da paure e timori per la gestione di eventuali “attacchi” improvvisi del disturbo che vanno a peggiorare ulteriormente il quadro generale.
Dal punto di vista biologico affezioni del sistema gastroenterico come gastroenteriti, interventi chirurgici, terapie antibiotiche possono facilitare l’insorgenza del disturbo. La Sindrome dell’Intestino Irritabile, inoltre, si presenta spesso in associazione con altri disordini del tratto digestivo (generalmente disturbi funzionali): dispepsia, reflusso gastroesofageo, incluse altre patologie come “sensibilità” al glutine (Gluten Sensitivity).
Oltre ai convenzionali probiotici e terapie antibiotiche che, sopratutto a lungo termine, risultano scarsamente efficaci, vista la forte componente psicologica che accompagna la sindrome dell’intestino irritabile, è possibile trattare i disturbi tramite intervento psicologico.
In taluni casi può essere utile accompagnare, preferibilmente per periodi limitati, una terapia farmacologica ricorrendo quindi a psicofarmaci come per esempio gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) e le benzodiazepine.
Le tecniche psicologiche che si sono rivelate più efficaci per trattare il disturbo sono l’ipnosi e gli interventi di natura cognitivo comportamentale.
L’ipnosi è una tecnica medica di rilassamento profondo utile a migliorare il benessere psicofisico; la terapia cognitivo comportamentale, invece, può fornire strategie di coping psicologico per affrontare i sintomi dolorosi, nonché aiutare a sopprimere pensieri e comportamenti che aumentano i sintomi.
Metodo di cura
- Prima seduta: è un incontro conoscitivo in cui vengono raccolte le informazioni del paziente (anamnesi) per comprendere l’origine del problema e identificare la terapia più adeguata.
- Seconda seduta: generalmente si procede con il colloquio clinico approfondendo alcuni aspetti, rafforzando la conoscenza e la fiducia tra paziente e terapeuta.
- Sedute successive: inizio della terapia vera e propria specifica e costruita sul paziente. Durante le sedute successive si inizierà il lavoro vero e proprio di ristrutturazione dei processi patologici che generano i disturbi. La terapia può comprendere: metodiche cognitivo-comportamentali, rilassamento/training autogeno, ipnosi e mindfulness. La durata della terapia dipende dalle risorse e dalle problematiche del paziente, essendo una terapia breve la durata è generalmente compresa tra le 10 sedute e i 2 anni.